4.1 La specificità dello sport

L'attività sportiva è soggetta all'applicazione del diritto dell'UE, come esposto dettagliatamente nel documento di lavoro dei servizi della Commissione e nei relativi allegati. Le disposizioni relative alla concorrenza e al mercato interno si applicano allo sport in quanto quest'ultimo costituisce un'attività economica. Lo sport è anche soggetto ad altri aspetti importanti del diritto dell'UE, come il divieto di discriminazione in base alla nazionalità, le norme relative alla cittadinanza dell'Unione e la parità uomo-donna per quanto riguarda il lavoro.

Allo stesso tempo, lo sport ha alcune caratteristiche specifiche, spesso definite "la specificità dello sport". La specificità dello sport europeo può essere vista sotto due angolazioni:

- la specificità delle attività e delle regole sportive, come le gare distinte per uomini e donne, la limitazione del numero di partecipanti alle competizioni e la necessità di assicurare un risultato non prevedibile in anticipo, nonché di mantenere un equilibrio fra le società che partecipano alle stesse competizioni;

- la specificità della struttura sportiva, che comprende in particolare l'autonomia e la diversità delle organizzazioni dello sport, una struttura a piramide delle gare dal livello di base a quello professionistico di punta e meccanismi organizzati di solidarietà tra i diversi livelli e operatori, l'organizzazione dello sport su base nazionale e il principio di una federazione unica per sport.

La giurisprudenza dei tribunali europei e le decisioni della Commissione europea indicano come la specificità dello sport sia stata riconosciuta e considerata e forniscono orientamenti sul modo di applicare il diritto dell'UE al settore sportivo. In linea con la giurisprudenza invalsa, la specificità dello sport continuerà a essere riconosciuta, ma non può essere intesa in modo da giustificare un'esenzione generale dall'applicazione del diritto dell'UE.

Come è spiegato dettagliatamente nel documento di lavoro dei servizi della Commissione e nei relativi allegati, ci sono norme organizzative dello sport che - in ragione dei loro obiettivi legittimi - non sembrano violare le disposizioni antitrust del trattato CE, purché i loro eventuali effetti contrari alla concorrenza siano pertinenti e proporzionati agli obiettivi perseguiti. Esempi di tali norme sono le "regole del gioco" (ad es. regole che fissano la lunghezza delle partite o il numero di giocatori sul campo), le norme relative ai criteri di selezione per le competizioni sportive, sulle gare "in casa" e "fuori casa", quelle che vietano il cumulo di proprietà di società, quelle sulla composizione delle squadre nazionali, sul doping e sui periodi di trasferimento.

Tuttavia, se una certa regola sportiva sia compatibile con le norme UE in materia di concorrenza può essere valutato soltanto caso per caso, come recentemente confermato dalla Corte di giustizia europea nella sua sentenza sul caso Meca Medina (8). La Corte ha fornito un chiarimento per quanto riguarda gli effetti del diritto dell'UE sulle regole sportive, respingendo la nozione di "regole puramente sportive" in quanto irrilevante per la questione dell'applicabilità al settore sportivo delle norme UE sulla concorrenza.

La Corte ha riconosciuto che la specificità dello sport deve essere presa in considerazione nel senso che gli effetti restrittivi per la concorrenza inerenti all'organizzazione e a uno svolgimento adeguato delle competizioni sportive non infrangono le norme UE sulla concorrenza, purché tali norme siano proporzionate all'interesse sportivo legittimo perseguito. L'esigenza di accertarsi che tale proporzionalità sia rispettata implica la necessità di considerare le caratteristiche specifiche di ogni caso e non permette di formulare orientamenti generali sull'applicazione al settore dello sport delle norme relative alla concorrenza.

(8) Causa C-519/04P, Meca Medina v. Commissione, Racc. 2006, I-6991. Per ulteriori dettagli cfr. il documento di lavoro dei servizi della Commissione.